Qual è il rapporto che lega la pace alla cura? Lo descrive Franco Masini, cardiologo e coordinatore medico del Salam center, ospedale cardiochirurgico di Emergency a Khartoum, in Sudan.
Quale è il legame fra pace e cura?
Nel 1981, l’assemblea generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato che il ruolo dei medici e, in genere, di tutti gli operatori sanitari nella promozione e nella conservazione della pace è il principale fattore per il raggiungimento della salute per tutti. Lo scorso dicembre, il direttore dell’OMS dichiarava che nel 2022 l’OMS si sono verificati “più di 1000 attacchi alla salute in 16 Paesi, con 220 morti e 436 feriti. Gli attacchi alla salute sono una violazione del diritto umanitario internazionale e una violazione dei diritti umani. Privano le persone delle cure quando ne hanno più bisogno. La salute di tutti i popoli è fondamentale per il raggiungimento della pace e della sicurezza”.
Nella nostra epoca, le vittime della guerra sono soprattutto, e in larghissima maggioranza, i civili. Il Diritto Internazionale Umanitario è l’insieme delle norme di diritto internazionale riguardanti la protezione delle vittime di guerra o delle vittime di conflitti armati e prevede che il personale sanitario, che ha l’obbligo di astenersi da ogni atto di ostilità e quello di identificarsi e di rispettare la volontà dei pazienti, non può essere ostacolato nello svolgimento delle proprie attività.
Il contrasto alla guerra e la costruzione e la gestione di strutture sanitarie sono due dei pilastri dell’attività di Emergency. Emergency, infatti, crede che la cura sia un diritto umano fondamentale e, come tale, deve essere accessibile a tutti, ossia essere completamente gratuito, e efficace, cioè d’eccellenza. Negli ospedali e nelle strutture di Emergency vengono accolti e curati quanti ne hanno bisogno, indiscriminatamente e con un’unica limitazione: in ogni contesto, anche in situazioni di conflitto, le armi devono restare all’esterno. Questo ha permesso Emergency di operare e di avere credibilità anche in paesi come l’Afghanistan, dove dal 1999 sono attivi tre ospedali e dove sono stati accolti e curati migliaia di civili, molto spesso bambini, vittime della guerra e di attentati.
Al concetto di cura come servizio sanitario gratuito, di qualità, universale e senza frontiere, si affiancano poi ulteriori significati: la cura della Terra e dell’ambiente, per frenare ulteriori cambiamenti climatici e ambientali altrimenti irreversibili e la cura come principio che regola i rapporti fra i cittadini e previene i conflitti. Pace, infatti, significa questo: prendersi cura degli altri, dell’ambiente, del futuro. I care, ovvero “ci tengo, ho a cuore”, era il motto che accoglieva gli studenti di don Milani nella scuola di Barbiana, nell’entroterra toscano, e voleva significare lo spirito contrario all’indifferenza e al disinteresse rispetto ai problemi sociali e altrui.
Come si manifesta nell’attuale guerra in Ucraina?
In un Paese in guerra, ogni aspetto della vita civile è stravolto e i diritti umani vengono, o rischiano di venire, violati. Fra questi, anche il diritto alla salute, che non può essere garantito o soddisfatto al meglio. Come in tutti gli scenari di guerra, anche dall’Ucraina, in questi undici mesi di conflitto, ci sono giunte molte notizie e immagini di attacchi, di bombardamenti e di distruzione di ospedali e di strutture sanitarie, con la conseguente morte dei pazienti che vi erano ricoverati e la cessazione delle attività che vi erano svolte.
In situazioni di guerra, poi, in cui è prioritaria la salvaguardia della vita, molti malati non riescono ad accedere a esami e terapie, e molti pazienti cronici interrompono le cure, con effetti deleteri sulla loro salute (è quello che abbiamo sperimentato in occasione della pandemia da Covid-19 ed è facilmente comprensibile come ciò sia notevolmente amplificato durante un conflitto armato).
I dati riportati nelle pubblicazioni dell’OMS illustrano bene la drammaticità di quanto sta avvenendo: nell’ultimo anno, in Ucraina, ci sono stati 661 attacchi a strutture sanitarie, 183 a rifornimenti di farmaci e materiali sanitari, 96 a mezzi di trasporto (come, ad esempio, le ambulanze), con 101 morti e 131 feriti.
Di contro, i Paesi della UE hanno accolto e si sono fatti carico dei rifugiati ucraini, senza ostacoli e calcoli di numeri o quote, rendendo effettivo quello che è uno dei principi fondamentali della cura, l’accoglienza, che dovrebbe essere garantita a tutti quelli che fuggono da situazioni di conflitto o di indigenza, qualunque sia la provenienza o le vie di arrivo, da terra o per mare.
Emergency è intervenuta a sostegno delle strutture sanitarie ucraine con l’invio di farmaci e materiali sanitari, e della popolazione ucraina supportando il sistema sanitario della vicina Moldavia con un ambulatorio mobile attraverso il quale sono stati dispensati ai rifugiati in arrivo le cure necessarie da un punto di vista medico, ma anche, e soprattutto, psicologico, nel rispetto del diritto universale alla salute e alla cura.
Un esempio in cui la dimensione della cura è stata chiave nella risoluzione pacifica di un conflitto
Dopo la deposizione di Al Bashir, accompagnata da imponenti manifestazioni della società civile, e la successiva, difficile, coesistenza al potere di militari e di rappresentanti della stessa società civile, il Sudan sta attraversando un’importante crisi politica ed economica. Al momento, la mia attività si svolge qui, a Khartoum, in un ospedale cardiochirurgico di Emergency. Si tratta dell’unica cardiochirurgia completamente gratuita di tutta l’Africa. Riceviamo e operiamo pazienti provenienti non solo dal Sudan, ma da circa 30 altri Paesi africani e la nostra presenza ha reso possibile l’accordo fra ministri di molti Paesi africani, in conflitto armato più o meno aperto tra di loro, per il trasferimento dei pazienti al Salam (questo il nome dell’ospedale, che significa “pace”). Il Sudan garantisce così visti d’ingresso gratuiti a tutti i pazienti, qualunque sia la provenienza, anche da quei paesi con cui ci sono rapporti di tensione o di vero e proprio conflitto come era stato nel caso del Sud Sudan.
“Assicurare la salute e il benessere per tutti e a tutte le età contribuisce al miglioramento, allo sviluppo e all’equilibrio della società”, così recita il terzo degli obiettivi dello sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, ed è uno dei principi fondamentali dell’attività di Emergency. Per rispondere a questo obiettivo, le cure devono essere prima di tutto gratuite, perché, come diceva Gino Strada, i sistemi sanitari devono essere basati sui bisogni di tutti e non sulle possibilità di pochi, altrimenti non sono diritti, ma privilegi.
In ogni situazione nella quale ci si trovi a operare, creare strutture sanitarie d’eccellenza e garantire a tutti le stesse possibilità di accesso è fondamentale per tutelare il diritto alla cura di ciascun essere umano. Per farlo, bisogna rendere operativi ospedali e strutture in cui vorremmo essere curati noi stessi e le persone che ci sono care. È sicuramente più complicato da realizzare in contesti come il Sudan, dove povertà e violenza sono spesso l’unica realtà conosciuta ma, a maggior ragione, importante. L’Africa sub-sahariana è una delle zone al mondo con la più alta prevalenza di malattie cardiache e aprire una cardiochirurgia a Khartoum ha rappresentato una sfida, ma è, oggi, anche un modello. Emergency, infatti, rimane ferma nella convinzione che la tutela di diritti come quello alla cura e alla salute rappresenta una garanzia di pace fondamentale. “Praticare rapporti di solidarietà è esattamente il contrario della logica di guerra ed è indispensabile per costruire una società veramente civile – affermava Gino Strada – Emergency è soprattutto una pratica di medicina, che cura chi ne ha bisogno. E lo fa semplicemente perché c’è qualcuno che ne ha bisogno. Curare le persone è un dovere nostro, prima ancora che un loro diritto”.